by Ed Yourdon
Il termine “Web 2.0” fu introdotto da Tim O’Reilly (http://radar.oreilly.com/archives/2005/10/web_20_compact_definition.html). Possiamo sintetizzarne il significato nel modo seguente: Web 2.0 è una combinazione di tecnologie, pratiche commerciali e tendenze sociali che facilitano la creazione, controllo e condivisione dei contenuti in Internet. Sono disponibili molte altre definizioni, compresa una del Pew Report www.pewinternet.org/PPF/r/189/report_display.asp) e una presentazione intrigante su di un videoclip di YouTube (www.youtube.com/watch?v=6gmP4nk0EOE). In effetti, la stessa realtà di YouTube rappresenta un notevole esempio di Web 2.0, con oltre cento milioni di download al giorno di video creati e aggiornati soprattutto da singoli individui.
“Individui che creano e pubblicano i propri materiali su Internet” suona come una frase inoffensiva, tanto che molte persone associano questo concetto a siti definiti “reti sociali”, come MySpace, dove teenager solitari passano innumerevoli ore inserendo dettagli insignificanti del loro vivere quotidiano. Ma, nel momento in cui il Web 2.0 entrerà nel grande flusso commerciale della rete e della comunità sociale allargata, il suo impatto risulterà molto più significativo – oltre che molto più controverso – rispetto a quanto sia mai avvenuto con la prima ondata della tecnologia Web/Internet (oggi identificabile come Web 1.0).
Web non è un semplice concetto “tutto o niente”, ma esistono alcuni temi comuni che sentirete immancabilmente in ogni discussione sul Web 2.0. Il tema più importante è quello del “bottom-up”, ovvero del procedere dal basso verso l’alto, che indica il controllo individuale del materiale inserito in Internet, in opposizione al tradizionale concetto di top-down, ovvero dall’alto verso il basso, del meccanismo di “pubblicazione” controllata gerarchicamente, prevalente con il Web 1.0. Questo nuovo approccio non rappresenta unicamente un punto di partenza, ma spesso è un autentico attacco al business e alle strutture politiche e sociali tradizionali, nelle quali figure come manager, leader politici e autorità varie decidono quali informazioni debbano essere pubblicate e a quali livelli lavorativi sottostanti e individui del pubblico debbano essere distribuite.
Un buon esempio di tale fenomeno è rappresentato dall’enciclopedia gratuita online Wikipedia, nei confronti di enciclopedie tradizionali come l’Enciclopedia Britannica. La versione in lingua inglese di Wikipedia non solo risulta circa venti volte più estesa della Britannica (1,78 milioni di articoli in Wikipedia contro circa 100.000 nella Britannica) e inoltre è disponibile in approssimativamente cento lingue diverse (la versione italiana, disponibile all’indirizzo Internet http://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale, è una delle due dozzine di versioni in lingue diverse che contengono più di 100.000 articoli). Ma, in aggiunta, esiste un aspetto molto più importante: nessuno è responsabile di Wikipedia.
Perciò, mentre le enciclopedie tradizionali come la Britannica sono sottomesse a politiche editoriali formali mirate a controllare la creazione e pubblicazione degli articoli da parte di “esperti” in vari campi, Wikipedia applica un approccio totalmente differente: qualunque individuo può inserire un nuovo articolo o modificarne uno esistente, senza alcun permesso preventivo. Se qualcuno avesse proposto un approccio di questo tipo solamente dieci anni fa, si sarebbe coperto di ridicolo. Oggi, invece, è applicato e funziona bene. In aggiunta, recenti confronti hanno indicato che l’accuratezza delle informazioni è praticamente la stessa di quella di un’enciclopedia formale come la Britannica e che il tempo medio impiegato da chiunque (in qualsiasi parte del mondo) per identificare e correggere un eventuale errore in Wikipedia è di quattro minuti.
Wikipedia rappresenta anche un esempio di un altro tema del Web 2.0: la collaborazione peer-to-peer su progetti di mutuo interesse. Infatti, anche se un articolo per Wikipedia può essere scritto da un singolo individuo, la maggior parte degli articoli “significativi” derivano da sforzi di collaborazione di numerose persone che possono anche non conoscersi tra di loro. È rimarchevole osservare come questi sforzi di collaborazione riescano a intervenire su disastri su larga scala (per esempio, l’uragano Katrina) entro poche ore dall’avvenimento. Per un esempio recente, vedi l’articolo Wikipedia sul massacro presso il campus Virginia Tech dell’aprile scorso (http://en.wikipedia.org/wiki/Virginia_Tech_massacre).
Ciò che ha compiuto Wikipedia a livello sociale, inizia a essere fatto a livello commerciale da parte di alcune società – cioè utilizzarne gli articoli per supportare sforzi collaborativi su diversi progetti. L’applicazione di questo approccio con i membri del team del progetto non crea controindicazioni, ma imprese più audaci stanno anche invitando a collaborazioni e partecipazioni esterne “al di fuori del firewall” – per esempio, collaborazioni da parte di ex dipendenti, pensionati, clienti o anche membri qualsiasi del pubblico.
La tecnologia assolutamente fondamentale per i prodotti e servizi Web 2.0 è l’accesso a Internet ad alta velocità, oltre che senza problemi di disponibilità. Queste caratteristiche non erano disponibili dieci anni fa, mentre oggi l’accesso a Internet su banda larga è largamente presente nella maggior parte dei Paesi più avanzati e in molte nazioni in via di sviluppo, all’interno di case, uffici, scuole e perfino su piattaforme mobili come i telefoni cellulari. Per altro, non siamo ancora a una copertura a livello universale e, anche se un miliardo di Pc e due milioni di telefoni cellulari rappresentano una cifra notevole di utenti potenziali, rappresentano comunque una minoranza rispetto all’intera popolazione del pianeta.
Accanto all’accesso a Internet ad alta velocità, molti prodotti Web 2.0 usano una combinazione di Javascript e Xml conosciuta come Ajax. Inoltre, vengono utilizzate comunemente anche tecnologie familiari come Rss e nuovi ambienti di sviluppo come Ruby o Rails.
Con queste tecnologie, oggi i venditori offrono prodotti e servizi Web 2.0 che operano direttamente dal Web stesso, invece che tramite un computer fisso o portatile. Google è probabilmente il fornitore più conosciuto con questo approccio, con il suo “Google Apps” che fornisce un servizio semplice ma adeguato di word-processing, foglio elettronico e capacità di presentazione, tutte funzionalità che competono con i prodotti tradizionali basati sul Pc come Microsoft Office. Ciò che rende Google Apps un esemplare di Web 2.0 non è solamente il fatto di essere gratuito, ma anche la capacità di supportare e incoraggiare la collaborazione tra più utenti di presentazioni, documenti o fogli elettronici condivisi.
Le organizzazioni commerciali possono usare Ajax e altre tecnologie per fornire ai propri clienti con accesso a Internet prodotti e servizi più rapidi, più interattivi e più semplici da utilizzare e, se non lo faranno, esiste una sempre maggiore probabilità che lo facciano i loro concorrenti.
Infatti, le imprese hanno anche l’opportunità di usare blog, wikis e altri strumenti per incoraggiare la collaborazione tra i membri di un team di progetto o tra individui che operino all’interno di uno stesso dipartimento – oppure, infine, tra tutti i dipendenti all’interno di un’organizzazione.
Molte società tradizionali si oppongono all’estensione di tale tipo di collaborazione al di fuori dei firewall dell’organizzazione. Non vogliono che i dipendenti scrivano blog che possano essere letti dai clienti e dal pubblico in generale – anche se società come IBM, Intel, e Microsoft (e molte altre) stanno dimostrando che si tratta di un fenomeno che può anche portare benefici, se gestito correttamente (per esempio, Microsoft ha tremila blog). E mentre molte società stanno ancora usando Internet seguendo lo stile Web 1.0 per “spingere” le informazioni verso i clienti, risultano contemporaneamente lente nel considerare l’idea di consentire ai clienti (così come agli ex dipendenti a vario titolo) di fornire i propri input per collaborare e comunicare con l’organizzazione del momento.
Mentre le organizzazioni conservatrici, così come i manager meno giovani e altri individui, continueranno inevitabilmente a resistere alla natura collaborativa dal basso verso l’alto del Web 2.0, le nuove generazioni di lavoratori, studenti e cittadini l’anno già adottata, tanto che organizzazioni più giovani e snelle utilizzano questi approcci per competere con successo contro concorrenti più grandi e con maggiori risorse finanziarie.
Attualmente, la tecnologia è divenuta talmente economica e diffusa che le organizzazioni tradizionali e i governi ne hanno perso il controllo. I governi sono in grado di bloccare gli accessi a Internet o a chiudere servizi considerati inaccettabili, come Google e YouTube; ma questo costituisce solamente un ostacolo a breve termine. Le imprese possono proibire l’uso dei blog e tentare di controllare il modo con cui i propri dipendenti accedono a Internet, ma la maggior parte di questi hanno un computer a casa e posseggono telefoni cellulari personali che consentono comunque loro di comunicare con i loro pari, via Internet, ovunque si trovino. Inoltre, gli individui e i dipendenti più giovani non solo hanno una maggiore familiarità e facilità d’uso con queste tecnologie rispetto ai manager e genitori di mezza età, ma hanno anche una maggiore volontà di usare la tecnologia per aggirare l’imposizione di eventuali controlli gerarchici tradizionali.
Questa tendenza continuerà verosimilmente per la prossima decade, perché il trend dei miglioramenti hardware e software dei computer continuerà al tasso attuale per almeno questo arco di tempo. La Legge di Moore – che afferma che l’’hardware dei computer raddoppia in potenza e capacità ogni diciotto mesi – si è rivelata veritiera a partire dalla fine degli anni ’60 e continuerà a esserlo per i prossimi dieci anni. A questo punto, l’attuale progetto ambizioso “Un laptop per ogni bambino” (vedi, per i dettagli, www.laptop.org) che si pone l’obiettivo di fornire a milioni di bambini nelle nazioni in via di sviluppo computer laptop al costo per i rispettivi governi di cento dollari l’uno, sembra semplicistico: entro dieci anni, i laptop da 100 dollari costeranno solamente un dollaro.
Entro i prossimi dieci anni, saremo andati anche oltre il Web 2.0; probabilmente staremo parlando del Web 3.0, o forse di tecnologie ancora più avanzate. In altri termini, ci stiamo avviando verso un mondo in cui virtualmente ogni individuo avrà accesso alla tecnologia del momento, con la possibilità di determinare – per se stesso – come utilizzarla per comunicare, cooperare e collaborare con ogni altro membro della razza umana.
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